Mi ricordo i due mesi filati passati li, come i mesi della riscoperta. Mi ricordo le mattine d'attesa, il silenzio del pomeriggio, la furia delle sirene e la grazia della luce, d'improvviso farsi presenti, a ricordarmi la vita. Ho memoria di tutto, che le foto servono a questo e che quello è stato il tempo in cui ho sentito la città farsi chiara dentro me. Come a chiarirmi chi ero, cosa avrei dovuto essere, quello che diventerò.

29.09.2014
Attraverso Brooklyn fino a Bed Stuy verso casa di Luis. C’è da andare anche se sono le sette di sera. C’è da dire, programmare, saldare le parole al fare. Due rampe di scale in picchiata, ad evitare i ratti di città, le scarpe dei condomini in mezzo all’odore di cavolo bollito e ad un silenzio che non ricordavo possibile. La porta si apre che l’aria è già esausta di umani e sudore. Quindici persone in sei metri quadri, saluti e birre consumati in un sorso e poi ciascuno a dire ciò che sente di dire, a teorizzare, banalizzare, a moltiplicare ciò che é mio e quindi incedibile, irrinunciabile, discutibile. Ci sono uomini d’ogni statura, donne d’ogni natura. E Luis, nato col cuore infranto, che non fa altro che fare il suo gioco. Altro che infrangerlo ancora.